IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha   emesso   la  seguente  ordinanza  di  rimessione  alla  Corte
costituzionale   nel   procedimento  penale  a  carico  di  Carpiceci
Gianluca, nato ad Arsoli il 13 luglio 1960, elettivamente domiciliato
presso  il  difensore  di  fiducia, avv. Sestilio Renna, viale Regina
Margherita  n. 30,  Milano,  per  il  reato  di cui all'art. 372 c.p.
commesso a Milano in data 6 giugno 2003.
   Persona offesa: Oliviero Dal Toso, domiciliato presso il difensore
di fiducia, avv. Federico Lecconi, via Montenapoleone n. 8, Milano.
   Il  giudice  a  scioglimento della riserva adottata all'udienza in
camera di consiglio in data 4 dicembre 2007.
                            O s s e r v a
   Il  dott.  Gianluca  Carpiceci,  dirigente  della Coca Cola Italia
S.r.l.  e'  indagato  del reato di cui all'art. 372 c.p. in relazione
alle  dichiarazioni  rese  dinanzi al giudice civile in data 6 giugno
2003  nell'ambito  del  contenzioso  che vedeva l'attuale denunziante
dott.  Oliviero  Dal Toso opporsi in quella sede per la seconda volta
ad  un  provvedimento  di  licenziamento  adottato nei suoi confronti
dalla direzione della societa'.
   In  particolare il dott. Dal Toso, nella sua denunzia e in seguito
nelle   memorie   di  opposizione  alla  richiesta  di  archiviazione
presentata  dal  pubblico  ministero  in data 20 dicembre 2006, aveva
prospettato come non veritiere e pregiudizievoli per la sua persona e
l'esito della causa le affermazioni del dott. Carpiceci relative alle
mansioni  lui  effettivamente  affidate in azienda, ridimensionate, a
differenza di quanto aveva sostenuto il dott. Carpiceci, escludendolo
dal  budget  e  dalle  ricerche  «continuative»  per l'Italia nonche'
relative  ai  suoi  presunti  ritardi  e  inadempienze  nel fissare e
relazionare gli obiettivi aziendali per l'anno 2002.
   Il  dott.  Dal  Toso  ha  collocato  tale  deposizione secondo lui
mendace  ed  inveritiera  in  un  contesto di comportamenti vessatori
subiti  a  partire  dal 1999 dall'azienda, in sostanza una pratica di
«mobbing»  nei  suoi  confronti,  che  erano  appunto, sfociati nei 2
tentativi   di   licenziamento,   il  primo  dei  quali  praticamente
contestuale,  come  si  dira', ad una pesante attivita' di spionaggio
illegale  in  danno della sua persona messa in atto dalla societa' di
investigazioni  Polis  d'istinto  facente  capo ad Emanuele Cipriani,
soggetto al centro del procedimento c.d. Telecom tuttora in corso.
   Con ordinanza in data 17 luglio 2007 questo giudice aveva respinta
la  richiesta  di  archiviazione  indicando  al pubblico ministero la
necessita'  di svolgere nuove indagini ed in particolare un'audizione
approfondita  del  denunziante in merito ai profili dei suoi rapporti
con l'azienda e delle sue mansioni sopra accennati, l'acquisizione di
alcuni   documenti   utili  quali  le  Job  Description  aziendali  e
l'acquisizione  dei dossier illegali approntati dalla Polis d'istinto
e   regolarmente  pagati  dalla  Coca  Cola  S.r.l.  sequestrati  con
moltissimi altri all'interno di un dvd nell'indagine c.d. Telecom.
   In  data  26  ottobre 2007 il pubblico ministero ha ritrasmesso il
fascicolo   confermando  la  richiesta  di  archiviazione  dopo  aver
espletato,  nei  limiti  in  cui  era  stato  possibile,  le indagini
indicate da questo ufficio.
   E'  stato  infatti  sentito,  dettagliatamente  in  data  21  e 26
settembre  2007  il  dott.  Dal  Toso  e, come risulta dal verbale di
sequestro  in  data  5  ottobre  2007 della sezione di p.g. presso la
Procura, sono stati sequestrati presso la sede della Coca Cola alcuni
documenti  tra  cui  una Job Description, piano di lavoro relativi al
2002 e corrispondenza informatica tra dirigenti dell'azienda.
   Non e' entrato tuttavia a far parte degli atti il dossier illegale
della Polis d'istinto indicato nell'ordinanza del 17 luglio 2007.
   Il  pubblico  ministero  con  nota  in  data 2 ottobre 2007, aveva
chiesto   ai   colleghi   titolari   dell'indagine  c.d.  Telecom  la
trasmissione del dossier riguardante il dott. Dal Toso.
   Nella  risposta  in  data  9  ottobre 2007, ineccepibile sul piano
tecnico-giuridico  e  controfirmata dallo stesso Procuratore Capo, si
confermava infatti che agli atti dell'indagine c.d. Telecom esiste un
dossier  dedicato ai dott. Dal Toso che, alla luce degli accertamenti
propri   della  fase  delle  indagini  preliminari,  appare  «formato
mediante   l'acquisizione  illecita  di  notizie  riservate  ottenute
mediante  corruzione»  ma  nel  contempo  si  rilevava che, alla luce
dell'art. 240, secondo comma c.p.p. novellato dalla legge 20 novembre
2006, n. 281, e' vietato estrarre copia, e di conseguenza trasmettere
ed   utilizzare  in  qualsiasi  forma  anche in  altro  procedimento,
documenti   formati  appunto  attraverso  una  raccolta  illegale  di
informazioni.
   All'udienza in camera di consiglio svoltasi il 4 dicembre 2007 per
prendere   cognizione   della  situazione  le  parti  hanno  concluso
richiedendo  il  pubblico  ministero  e  il  difensore  dell'indagato
l'emissione di un provvedimento di archiviazione e il difensore della
persona   offesa   insistendo  nella  richiesta  di  formulazione  di
imputazione  coatta nei confronti del dott. Carpiceci per il reato di
cui all'art. 372 c.p.
   Tali    conclusioni,    contrapposte,    non   appaiono   tuttavia
soddisfacenti.
   Infatti  l'esame  delle  dettagliate  dichiarazioni  della persona
offesa e della documentazione acquisita, senza entrare in dettagli in
questa  sede,  non  dirime  il  dubbio in merito alla consapevole non
rispondenza  al  vero  in  alternativa  ad  una semplice erroneita' o
incertezza  delle  dichiarazioni  del  dr. Carpiceci, tenuto comunque
conto  anche  del carattere sintetico della testimonianza rispetto ad
una situazione alquanto complessa.
   Quindi, come gia' segnalato nell'ordinanza in data 17 luglio 2007,
in sostanza e' proprio la realta' pregressa dei rapporti tra il dott.
Dal Toso e l'azienda e sono proprio le iniziative di quest'ultima uno
degli  elementi, se non l'elemento decisivo, per concludere in merito
alla sostenibilita' dell'incolpazione.
   Per  meglio  chiarire  tale  importante passaggio e le conseguenze
processuali  che esso comporta meritano di essere richiamate anche in
questa  sede  alcune delle considerazioni contenute nel provvedimento
del 17 gennaio 2007:
     «in  tale memoria egli (il dott. dal Toso) ricorda, allegando le
parti che lo riguardano come persona offesa dell'ordinanza emessa dal
G.i.p.  di  Milano  nel  procedimento  4728/03  G.i.p.  a  carico  di
Bernardini  Marco  ed  altri  (c.d.  procedimento Telecom), di essere
stato  vittima tra il 2000 e il 2001 di una pesantissima attivita' di
spionaggio  illegale messa in opera dalla Polis d'Istinto societa' di
investigazioni  facente  capo  a Emanuele Cipriani che aveva messo in
atto  controlli  effettuati illegalmente da persone appartenenti alle
forze  dell'ordine  ed  anche  relativi,  con  tanto  di pedinamenti,
all'abitazione  della  famiglia  Dal Toso con la possibilita' e forse
l'obiettivo di accusarlo addirittura di comportamenti di pedofilia.
   Il  dossier  relativo  al  dott.  Dal  Toso  era  presente nel dvd
sequestrato  a  persona  vicina  a  Cipriani e porta il numero di "di
pratica"  Z0032300 e sarebbe stato pagato dalla Coca Cola 133 milioni
di   lire  configurandosi  quindi  come  un  gravissimo  episodio  di
sorveglianza  illegale  ed  intimidazione  finalizzato  al discredito
dello  vittima  anche  se non necessariamente la societa' committente
poteva essere pienamente al corrente dei metodi usati dagli uomini di
Cipriani.
   Ne  consegue  che,  come  richiesto  nella memoria di opposizione,
quale  attivita'  suppletiva di indagine anche il dossier della Polis
distinto  relativo  al  dott.  Toso  puo'  illuminare i comportamenti
successivi  nei  suoi  confronti  considerando  che anche se il dott.
Carpiceci stava appena entrando in Coca Colo quando tale attivita' di
spionaggio si era da poco esaurita non puo' negarsi che in una logica
aziendale,  sicuramente  di  continuita',  un comportamento scorretto
anche  nel  corso di un giudizio e di una normale causa di lavoro ben
puo' spiegarsi anche con le scelte censurabili della societa' operate
in precedenza.
   Anche  il  predetto  dossier  puo'  essere dunque  acquisito  come
elemento  integrativo  d'indagine  secondo la richiesta del dott. Dal
Toso,  finalizzata,  come rilevato, dal pubblico ministero in sede di
udienza  camerale, ad una ricognizione probatoria piu' completa della
vicenda».
   La  possibilita'  di  accedere  al  contenuto del dossier illegale
formato  nei  confronti  del  dott. Dal Toso dalla Polis d'istinto su
incarico,  non  e'  noto  con  quali esatti contorni, della Coca Cola
Italia  S.r.l.  e'  quindi  rilevante  per la presente indagine e del
resto  gia'  nel  provvedimento  in  data 17 luglio 2007 era stato in
qualche  modo  «previsto»  che  le  indagini  integrative indicate al
pubblico  ministero  non  potessero  essere  integralmente  esaudita.
Infatti  la  formulazione letterale del nuovo art. 240 c.p.p. prevede
che  i  dossier  illegali  siano  distrutti  a richiesta del pubblico
ministero e a seguito di un'udienza camerale semplificata dinanzi al,
G.i.p.  previa  redazione di un semplice verbale senza riferimento ai
contenuti  dei  dossier  stessi  e  la  stessa  norma che prima della
distruzione tale materiale sia assolutamente inutilizzabile.
   Tuttavia, di a fronte di tale situazione suscettibile di cagionare
danni  a  entrambe  le  parti in causa, accusa e difesa, il, pubblico
ministero proprio nell'ambito del procedimento Telecom, pur attivando
la richiesta di distruzione di un primo gruppo di dossier, al momento
dell'udienza  in  camera  di consiglio aveva sollecitato il, G.i.p. a
dichiarare  non manifestamente infondata la questione di legittimita'
in pratica dell'intero articolo.
   Il  G.i.p.  ha  pienamente  accolto la sollecitazione del pubblico
ministero  ravvisando,  con  ordinanza  in data 30 marzo 2007, la non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
dell'attuale  assetto dell'art. 240 c.p.p. in relazione agli articolo
24  primo  e  secondo comma e 111, primo secondo e quarto comma e 112
della Costituzione.
   Nella  medesima  direzione  e' necessario muoversi nell'ambito del
presente  procedimento partendo pero' dalla specifica angolazione che
attiene  alla  violazione  dei  diritti della persona offesa che puo'
vedere   i   suoi   diritti   irrimediabilmente  danneggiati  da  una
distruzione  anticipata  e  senza  suo  consenso  della  raccolta  di
informazioni illegali che lo riguarda.
   Il  g.i.p.  che  si  e'  occupato  del  procedimento Telecom aveva
individuato le possibili censure di legittimita' costituzionale sotto
un triplice profilo.
   In  sintesi, con riferimento alla posizione della pubblica accusa,
aveva  sottolineato  che  la celere e definitiva distruzione di prove
nella  fase  delle indagini preliminari poteva vulnerare il principio
dell'obbligatorieta'  dell'azione  penale dettato dall'art. 112 della
Costituzione  impedendo  al  pubblico  ministero  di perseguire reati
anche  di  notevole gravita' e rendendo ad esempio non piu' possibile
l'identificazione  di  eventuali  correi  non  ancora  toccati  dalle
indagini   nel   momento  in  cui  veniva  avviata  la  procedura  di
distruzione.
   Specificamente,   con   riferimento   alla  posizione  processuale
dell'indagato  e  quindi  agli articoli 24, secondo comma e 111 della
Costituzione, il G.i.p. aveva prospettato la possibile violazione del
diritto  di  difesa  con  diritto  alla prova e alla formazione della
stessa  nel contraddittorio sottolineando sia le carenze dell'udienza
semplificata  e  a  cognizione sommaria prevista dall'art. 240 c.p.p.
nella  nuova formulazione sia l'impossibilita' che il verbale redatto
prima  della  distruzione  senza  alcun  riferimento al contenuto dei
documenti  potesse  surrogare  dati  di  conoscenza  necessari per la
difesa.
   Sulla  base del verbale quasi muto redatto prima della distruzione
sarebbe  infatti impossibile o quantomeno assai piu' difficile per la
difesa  nelle fasi ulteriori dimostrare ad esempio la provenienza non
illegale  delle  notizie riferite nei documenti (in quanto ad esempio
non carpite presso banche dati di un'amministrazione ma semplicemente
inventate), dimostrare che comunque l'indagato non era l'autore della
raccolta  dei dati se illeciti o comunque interloquire sulla gravita'
della  condotta ascritta all'indagato determinata anche dal contenuto
concreto delle informazioni illecitamente acquisite; contenuto che, a
distruzione avvenuta, il giudice non puo' piu' conoscere.
   Ma  il  G.i.p.  estensore  dell'ordinanza  di  rimessione  non  ha
tralasciato  nemmeno  la  posizione del persone offese, oggetto della
raccolta  illecita  di  dati,  cui,  in base all'art. 24, primo comma
della  Costituzione,  deve essere pienamente riconosciuta la facolta'
di  agire  in  giudizio  per la tutela dei propri diritti e interessi
legittimi.
   Infatti  il  danneggiato,  sia  costituendosi  parte  civile in un
giudizio penale sia attivando un giudizio civile, non puo' dimostrare
pienamente  il  danno  subito  e  la sua quantificazione se non e' in
grado  di  richiamare  l'attenzione  del giudice sul tenore obiettivo
delle  informazioni  illegalmente acquisite; si pensi ad accertamenti
sulle  sue  abitudini di vita o frequentazioni tali da poter incidere
gravemente sulla sua attivita' lavorativa.
   E  anche  in  questo  caso la definitiva distruzione dei contenuti
rischia  di  privare  l'interessato  della  possibilita'  di spendere
questo dato fondamentale dinanzi al giudice.
   Tale terzo possibile profilo di illegittimita' costituzionale, con
la  irragionevole  compromissione del diritto della vittima di agire,
se   lo   crede,  in propria  tutela,  merita  di  essere  pienamente
valorizzato  e non e' un caso del resto che nell'udienza in camera di
consiglio  che  ha preceduto la rimessione della questione alla Corte
costituzionale,  le  difese  di  alcune delle persone offese, e cioe'
delle   vittime   dell'attivita'  di  spionaggio  nell'indagine  c.d.
Telecom,   si   siano  associate  alla  sollecitazione  del  pubblico
ministero rimettere gli atti alla Corte.
   Venendo  quindi  al  caso  per  cui  si procede, balza agli occhi,
nell'impossibilita'  ex  lege di acquisire il dossier richiesto dalla
Coca  Cola  Italia  sul  dipendente  dott.  Dal  Toso,  non  tanto la
compromissione  dei  diritti  della  pubblica  accusa e della difesa,
quanto  e  sopratutto  quella dei diritti del denunziante e opponente
alla richiesta di archiviazione.
   La  denunzia  del  dott.  Dal  Toso  ha dato infatti origine ad un
processo   «collegato»,   quello   concernente   la   presunta  falsa
testimonianza  del  dirigente  della  Coca Cola dott. Carpiceci, e il
contenuto  di  tale testimonianza e l'atteggiamento soggettivo di chi
l'ha  resa  possono  essere  illuminati  e  meglio  compresi  proprio
disponendo di una conoscenza completa degli episodi assai inquietanti
che  l'avrebbero  preceduta e cioe' lo «spionaggio» illegale in danno
del dipendente poi licenziato.
   Alcuni   dei  dati  illegalmente  raccolti,  mediante  servizi  di
osservazione  e pedinamenti, finalizzati ingiustamente al discredito,
riguardavano  del  resto  ed erano destinati ad aver ricadute proprio
sulla  vita lavorativa dell'interessato, con le possibili conseguenze
gia' accennate nell'ordinanza di rimessione alla corte costituzionale
del 30 marzo 2007.
   Ma, in linea generale, l'attuale formulazione dell'art. 240 c.p.p.
appare  tale  da  compromettere  anche  piu' gravemente la vita della
persona  sorvegliata  illegalmente, le impedisce cioe' di adottare le
necessarie  contromisure,  al  di  la'  del ristoro economico, atte a
tutelare il suo onore e la sua reputazione proiettate nel futuro.
   Nessuno  infatti  puo' garantire alla persona offesa che prima del
sequestro  dei  dossier  illegali  un  numero indefinito di copie, ad
esempio  dvd,  non sia gia' stato formato e possa prima o poi entrare
in  circolazione.  E'  evidente in tale ipotesi che la persona spiata
puo'  avere  un  rilevante  interesse  a  conoscere  in  dettaglio il
contenuto  del  dossier  al  fine  di  prepararsi  a  prevenire  e  a
contrastare   la  diffusione  nel  suo  ambiente  di  notizie  false,
manipolate o comunque riguardanti la sua vita privata.
   Distruggendo  la copia sequestrata, anche senza il consenso e anzi
contro la volonta' della persona offesa, questa e' privata in molti e
non prevedibili casi di un importante strumento di difesa.
   In  conclusione  anche  nel  presente  procedimento «collegato» ai
dossier  sequestrati  nell'ambito dell' indagine Telecom la questione
di    costituzionalita',    sollevabile    d'ufficio,    dell'attuale
formulazione   dell'   art.   240   c.p.p.  appare  rilevante  e  non
manifestamente infondata.
   La  questione  deve quindi essere rimessa alla Consulta in termini
non  diversi  da  quanto  gia'  avvenuto  con l'ordinanza del G.i.p.,
presso  il  Tribunale  di Milano nel procedimento 30382/03 r.g.n.r. -
4728/03 R.G.gip.
   Pur apparendo di piu' diretta rilevanza per le caratteristiche del
caso   in   esame,  con  riferimento  alla  prospettabile  violazione
dell'art.  24,  primo  comma  della Costituzione e quindi dei diritti
delle  persone  offese,  non puo' che essere sollevata in relazione a
tutti   gli  articoli  della  Costituzione  menzionati  nella  citata
ordinanza  e  cio'  per  l'evidente  inscindibilita'  dei profili che
devono essere trattati.